«Tutti i nostri affanni, tutto quello che facciamo, tutto ciò per cui lottiamo quotidianamente, giorno dopo giorno, anno dopo anno, viene puntualmente e sistematicamente vanificato, se la fortuna non ci è amica, se il destino è avverso».
 
La storia che l’avvocato salernitano Leonardo Mastia ci racconta ne Il viale degli angeli. Boulevard Sérurier (Guida 2011, 296 pp.) è uno scrigno d’amore: non si parla di sentimenti terreni, ma di quel legame viscerale e magico, indissolubile, che unisce un genitore al proprio figlio. Amore e dolore si tengono per mano in un racconto che fotografa con sensibilità gli anni di tormento del piccolo Antonio - figlio dell’autore/narratore - che, a soli 11 anni, s’imbatte nel turbinio di privazioni, sofferenze e pericoli del cancro.
 
Mastia s’improvvisa romanziere a 16 anni dalla fine della speranza. Dopo una lotta costante e senza pause - dalla quale esce distrutto nel cuore e nel fisico, irritato verso il resto dell’umanità, debilitato nella fiducia nella logica della vita e con l’assordante desiderio di abbandonarsi al nulla -, prova a cristallizzare i ricordi rendendoli eterni con queste pagine che, nell’affrontare il terribile percorso di Antonio, si impongono come un forte inno alla vita. Pagine di ricordi sempre vividi, di dolore impresso nella carne, di amore inconsolabile. L’autore racconta anni di vita vissuta tra Napoli, Roma e poi, soprattutto, Parigi, l’ospedale Debré, il reparto di oncologia pediatrica, in cui «c’era tutto il dolore del mondo»; con la scrittura cidipinge i ritratti di numerosi personaggi che non sono altro che persone incontrate lungo il suo viaggio della speranza: i generosi, i meschini, i solidali, gli amici.
 
Il viale degli angeli, con la semplicità di descrizioni dettate dal cuore, illustra un cammino sorretto dalla fiammella della speranza e dalla forza d’animo che solo l’amore sa dare; regala un angolo di ricordo a tutte le piccole vite interrotte e a chi ha provato e prova ancora a salvarle. Come bene evidenziato sia dal magistrato Michelangelo Russo che dall’avvocato Paolo Carbone nel corso della partecipata presentazione alla Provincia, «è un libro coinvolgente e intenso, dal quale il lettore difficilmente riesce a staccarsi; scritto, senza vanità, per omaggiare ciò che è stato e che mai si cancellerà».

 

"La scomparsa di ognuno di quei poveri ragazzini, strappato alla vita, reciso come un bocciolo appena fiorito, era un altro macigno caricato sulla piccolissima barchetta della speranza, ormai prossima ad affondare."
 

"Quello era il senso che la vita doveva avere per un ragazzino di undici anni appena quale egli era. Era questo il tempo di raccogliere a piene mani le gioie, le emozioni più belle che gli si offrivano, per alimentare continuamente i sogni, attraverso le esperienze positive della quotidianità della vita."